23 GENNAIO 2023
INTRODUZIONE
Il Forum dedicato alla legge n. 194 del 1978 che disciplina, dopo la ben nota sentenza n. 27 del 1975 della Corte costituzionale, le modalità e le condizioni di accesso all’interruzione volontaria di gravidanza, invita le autrici e gli autori a tornare a riflettere sulle perduranti problematiche che caratterizzano la concreta applicazione della stessa legge.
L’attualità delle tematiche proposte dalle domande del Forum si conferma non solo considerando le già note (e perduranti) criticità applicative specificamente connesse all’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza, peraltro accertate in due occasioni dal Comitato Europeo dei Diritti Sociali nelle decisioni di merito rese nei confronti dell’Italia [reclamo collettivo n. 87 del 2012 - International Planned Parenthood Federation European Network c. Italia; reclamo collettivo n. 92 del 2013 – Confederazione Generale Italiana del Lavoro c. Italia], ma anche tenendo conto della recente decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti nel caso Dobbs c. Jackson. [continua]
LE DOMANDE
- I Domanda - «Il problema di fondo relativo ai diritti dell’uomo è oggi non tanto quello di giustificarli, quanto quello di proteggerli. È un problema non filosofico ma politico» (N. Bobbio, L’età dei diritti, 1990).
Appare significativo che negli ultimi tempi esponenti politici di spicco che apertamente si richiamano ad una visione pro-life si siano affrettati a prendere posizione sulla l. n. 194 del 1978 affermando che non si deve toccare.
Quella legge, come è ampiamento noto, fece compiere un notevole balzo in avanti in termini di civiltà giuridica alla società italiana, garantendo la tutela della salute della donna, in precedenza posta a forte rischio dagli aborti clandestini.
Se per oltre quarant’anni la 194 ha rappresentato una conquista non negoziabile ed un baluardo invalicabile, è pur vero che lo “spirito compromissorio” in cui quella disciplina vide la luce ha minato il pieno dispiegamento successivo delle sue potenzialità.
Non solo il massiccio ricorso all’obiezione di coscienza (oltre che) da parte di ginecologi, (anche) di anestesisti e di personale non medico (di fatto di intere strutture) rende sovente inaccessibile il diritto in questione (oltre ad essere costato all’Italia anche una condanna da parte del Comitato Europeo dei Diritti Sociali); le disparità tra Regioni nel garantire l’IVG fotografano poi anche in tema di aborto un doloroso “turismo dei diritti” già sperimentato su altri fronti; infine la strutturazione del ricorso all’aborto farmacologico come una vera “corsa ad ostacoli” rappresentano le principali coordinate che invece suggerirebbero di “toccare” la 194.
Lasciando tutto così com’è non si rischia infatti di consegnare il diritto in questione alla completa ineffettività? - II Domanda - Ritiene immaginabile superare l’impostazione di base della legge 194, che relega in secondo piano la dimensione della libera scelta della donna, ponendo invece l’accento sulle condizioni sfavorevoli al proseguimento della gravidanza, il cui mancato superamento dà accesso alla interruzione?
- III Domanda - Gli arretramenti in tema di aborto registrati recentemente per via giurisprudenziale in Polonia e negli USA potrebbero avere ripercussioni su future scelte legislative nel nostro Paese?
I PARTECIPANTI
- Francesca Angelini, Professoressa associata di Istituzioni di Diritto pubblico – «Sapienza» Università di Roma
- Benedetta Liberali, Professoressa associata di Diritto costituzionale – Università degli Studi di Milano
- Anna Lorenzetti, Professoressa associata di Diritto costituzionale – Università degli Studi di Bergamo
- Elisa Olivito, Professoressa associata di Istituzioni di Diritto pubblico – «Sapienza» Università di Roma
- Barbara Pezzini, Professoressa ordinaria di Diritto costituzionale – Università degli Studi di Bergamo
- Laura Ronchetti, Professoressa associata di Diritto costituzionale – Università degli Studi del Molise
- Angelo Schillaci, Professore associato di Diritto pubblico comparato – «Sapienza» Università di Roma
- Paolo Veronesi, Professore ordinario di Diritto costituzionale – Università degli Studi di Ferrara